le conseguenze dell'amore

La cosa peggiore che può capitare ad un uomo che trascorre molto tempo
da solo è quella di non avere immaginazione. La vita, già di per sè noiosa
e ripetitiva, diventa in mancanza di fantasia uno spettacolo mortale.


Un film ruvido e intenso Le conseguenze dell'amore, di una malinconia poetica e struggente, e di una violenza emotiva dirompente, sebbene suggerita e mai urlata. La regia originale e sorprendente di Paolo Sorrentino, che ha creato con i suoi film un nuovo linguaggio cinematografico, l’interpretazione ricercata e misurata del protagonista Toni Servillo, e la fotografia magistrale di Luca Bigazzi, tratteggiano con uno stile metropolitano raffinato una storia minima di disperata solitudine, un dramma esistenziale di una lucidità crudele, che procede per sottrazione, per sospensione del tempo, dello spazio, e dell’azione in un crescendo lento ma inesorabile di sublime tensione emotiva.

L’ambientazione diventa co-protagonista del film grazie a scelte cromatiche, prospettiche e di luci, che ci riportano all’essenza di quelli che il filosofo francese Marc Augé ha definito i nonluoghi, simboli freddi e anonimi del nostro mondo contemporaneo.

Alla raffinatezza stilistica sul piano visivo corrisponde la rappresentazione di una storia emotivamente potente e disturbante che smuove emozioni viscerali e profonde, scongelando sentimenti trattenuti da tempo e andando a riempire quel vuoto pieno di significati che è la sintesi della vita sospesa e non vissuta di Titta di Girolamo, il protagonista con un nome anonimo tanto quanto la sua esistenza. La bravura di Servillo sta nel creare un personaggio che nonostante l'apparente imperscrutabile freddezza ti arriva dritto al cuore, favorendo un’identificazione immediata, fino a quel climax finale, malinconico e devastante, che ti colpisce duramente come un pugno nello stomaco.