l’altrove è uno specchio in negativo

Viaggi per ritrovare il tuo futuro?
(I. Calvino)

Fernando Pessoa scriveva che La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo
Viaggiare è essere i protagonisti spesso inconsapevoli di un percorso che ci porta a destinazione "nonostante noi stessi", nonostante i nostri obiettivi, i nostri desideri, le nostre aspettative. Un percorso fatto anche di soste e di attese, di svolte repentine e deviazioni impreviste, che ci fa arrivare là dove forse non avremmo mai immaginato di arrivare: luoghi, incontri, persone, emozioni che non avevamo previsto perché all journeys have secret destinations of which the traveler is unaware (Martin Buber).
Il viaggio come percorso di conoscenza ed esplorazione della vita non rappresenta solo un modo per (ri)trovare noi stessi, per avere - strada facendo - la conferma della nostra identità, ma all'opposto è anche il modo per prendere coscienza - a ogni nuova tappa, a ogni nuovo incontro - di ciò che non siamo, di ciò che ci manca e vorremmo avere, e forse non avremo mai. Perché come scrive Italo Calvino, i desideri sono già ricordi. Perché si viaggia nello spazio ma anche nel tempo, incrociando vite che avrebbero potuto essere le nostre se solo quel tempo fosse stato il nostro tempo. Viaggiare per ritrovare il proprio passato, e dai segni del passato, anche il proprio futuro: così lo descrive Italo Calvino ne Le città invisibili in una sorta di dialogo immaginario tra Marco Polo e Kublai Khan.
Marco Polo immaginava di rispondere [...] che più si perdeva in quartieri sconosciuti di città lontane, più capiva le altre città che aveva attraversato per giungere fin là, e ripercorreva le tappe dei suoi viaggi, e imparava a conoscere il porto da cui era salpato, e i luoghi familiari della sua giovinezza, e i dintorni di casa, e un campiello di Venezia dove correva da bambino.

A questo punto Kublai Kan l’interrompeva [...] con una domanda come: [...] "il tuo viaggio si svolge solo nel passato?"

Tutto perché Marco Polo potesse spiegare [...] che quello che lui cercava era sempre qualcosa davanti a sé, e anche se si trattava del passato era un passato che cambiava man mano che egli avanzava nel suo viaggio [...].
Arrivando a ogni nuova città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere: l’estraneità di ciò che non sei piú o non possiedi più t’aspetta al varco nei luoghi estranei e non posseduti.

Marco entra in una città; vede qualcuno in una piazza vivere una vita o un istante che potevano essere suoi; al posto di quell’uomo ora avrebbe potuto esserci lui se si fosse fermato nel tempo tanto tempo prima, oppure se tanto tempo prima a un crocevia invece di prendere una strada avesse preso quella opposta e dopo un lungo giro fosse venuto a trovarsi al posto di quell’uomo in quella piazza. Ormai, da quel suo passato vero o ipotetico, lui è escluso; non può fermarsi; deve proseguire fino a un’altra città dove lo aspetta un altro suo passato, o qualcosa che forse era stato un suo possibile futuro e ora è il presente di qualcun altro. I futuri non realizzati sono solo rami del passato: rami secchi.

"Viaggi per rivivere il tuo passato?" era a questo punto la domanda del Kan, che poteva anche essere formulata cosí: "Viaggi per ritrovare il tuo futuro?"
E la risposta di Marco: "L’altrove è uno specchio in negativo. Il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà."

Lynn Davis Crescent moon spring Dunhuang Cina 2001